IL CONSIGLIO DI STATO
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso in appello n.
 1290/1991 proposto dall'Ente autonomo  lirico  teatro  dell'opera  di
 Roma,  rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,
 con domicilio eletto in Roma alla via dei Portoghesi  n.  12,  contro
 Loreti  Luisa,  rappresentata e difesa dall'avv. Giorgio Della Valle,
 con  domicilio  eletto  in  Roma,  al  piazzale  Clodio  n.  22,  per
 l'annullamento della sentenza n. 479 dell'11 marzo 1991 del tribunale
 amministrativo regionale del Lazio, sezione II- ter;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio di Loreti Luisa;
    Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore il cons. Corrado Allegretta;
    Uditi all'udienza pubblica del 4 dicembre 1992 l'avv. dello  Stato
 Guida per l'appellante e l'avv. Della Valle per l'appellata;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    L'Ente  lirico  teatro  dell'opera  di  Roma  impugna, chiedendone
 l'annullamento o la riforma, la sentenza n. 479  dell'11  marzo  1991
 con la quale il tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sezione
 II-  ter,  ha  dichiarato il diritto della dipendente Loreti Luisa ad
 essere trattenuta in servizio fino al compimento del 65 anno di eta',
 con il conseguente annullamento dei provvedimenti in data 29  ottobre
 1984 e 23 novembre 1984 di collocamento a riposo in data anteriore.
    L'appellante, sostiene che la legge 13 luglio 1984, n. 312, il cui
 art. 6 dichiara espressamente non applicabili al personale degli enti
 lirici  le  disposizioni  della  legge  26  febbraio  1982, n. 54, in
 materia di trattenimento in servizio,  ha  natura  interpretativa  e,
 comunque, doveva applicarsi ai rapporti non ancora esauriti.
    Con atto notificato in data 19 luglio 1991 l'appellata ha proposto
 appello  incidentale,  col  quale  ha  riproposto i motivi dedotti in
 primo grado.
                             D I R I T T O
    1. - L'Ente autonomo lirico teatro dell'opera di Roma  deduce  con
 l'appello principale che l'art. 6 della legge 13 luglio 1984, n. 312,
 dichiarato  non applicabile agli Enti lirici, tanto le leggi 20 marzo
 1975, n. 70, e 29 marzo 1982, n. 93, quanto l'art.  6  del  d.l.  22
 dicembre  1981, n. 791, come modificato dalla legge di conversione 25
 febbraio 1982, n. 54, ed  ha  affidato  la  disciplina  giuridica  ed
 economica  dei  rapporti  di lavoro con i loro dipendenti ad appositi
 contratti collettivi di categoria. Onde il  rapporto  di  lavoro  con
 l'appellata  era  stato  considerato cessato dal giorno successivo al
 compimento del sessantesimo anno di eta', come stabilito dall'art. 34
 del vigente contratto collettivo del 14 agosto 1979. Cio'  perche'  i
 rapporti  giuridici  in corso per il seguito della loro vita ricadono
 sotto la disciplina delle leggi sopravvenute che li riguardano, ferme
 soltanto le situazioni esaurite, fra le quali non  puo'  considerarsi
 certo il rapporto di lavoro di durata ulteriore (cfr. C. S., Sez. VI,
 ord. n. 461 del 3 giugno 1992).
    Luisa Loreti con l'appello incidentale sostiene l'irretroattivita'
 dell'art.  6  della  legge  13 luglio 1984, n. 312, la violazione del
 divieto di  modificazione  peggiorativa,  la  violazione  dei  doveri
 inerenti  ai  rapporti  bilaterali  in  relazione  all'affidamento al
 mantenimento in servizio fino al  sessantacinquesimo  anno  d'eta'  e
 l'eccesso   di   potere  per  contraddittorieta'  con  il  precedente
 provvedimento che aveva assunto l'impegno relativo, la necessita'  di
 apposito  atto  di  recepimento della normativa contrattuale, a norma
 della legge 29 ottobre 1987, n. 459.
    Della norma dettata dal secondo comma dell'art. 6 della  legge  13
 luglio  1984, n. 312, l'appellata tuttavia eccepisce l'illegittimita'
 costituzionale per contrasto con gli artt. 3 e 4 della  Costituzione,
 ravvisando  disparita'  di  trattamento  tra  i dipendenti degli enti
 lirici  e   tutti   gli   altri   lavoratori   subordinati   iscritti
 all'assicurazione   generale   obbligatoria   per  l'invalidita',  la
 vecchiaia ed i superstiti, derivante dall'inapplicabilita'  dell'art.
 6  del  d.l. 26 dicembre 1981, n. 791, come convertito in legge, nei
 confronti dei soli dipendenti degli enti lirici e non  di  tutti  gli
 altri, senza che vi siano situazioni differenziate.
    La  questione  e'  evidentemente  rilevante,  dato  che  dalla sua
 soluzione  dipende  la  decisione  della  causa  in  relazione   alla
 fondatezza  o  meno  delle  questioni  di  merito  dedotte dall'una e
 dall'altra parte a seconda che la disposizione denunziata  sia  o  no
 dichiarata costituzionale.
    Essa,  inoltre, come e' stato gia' ritenuto con l'ordinanza n. 461
 del 3 giugno 1992, non appare manifestamente infondata, con  riguardo
 agli artt. 3 e 4 ed in relazione all'art. 38 della Costituzione.
    Il  d.l.  22  dicembre  1981,  n.  791, che detta disposizioni in
 materia previdenziale, con l'art. 6, nel testo modificato dalla legge
 di conversione, consente l'opzione per la prosecuzione dell'attivita'
 lavorativa a tutti gli iscritti  all'assicurazione  obbligatoria  per
 l'invalidita',   la  vecchiaia  ed  i  superstiti  ed  alle  gestioni
 sostitutive ed esonerative di essa, i  quali  non  abbiano  raggiunto
 l'anzianita' contributiva massima.
    Si  tratta,  dunque,  di  norma  generale  che  riguarda  tutti  i
 lavoratori subordinati obbligati all'assicurazione di vecchiaia e non
 ancora provvisti dell'anzianita' contributiva massima.
    In tale quadro assicurativo una qualsiasi limitazione posta ad una
 o piu' categorie di assicurati della  possibilita'  consentita  dalla
 norma  generale  di  pervenire a quella anzianita', senza che essa si
 basi su sostanziali  e  pertinenti  differenze  di  situazioni  delle
 categorie  svantaggiate  rispetto  alla generalita' delle altre, pone
 l'esigenza di  verificarne  la  compatibilita'  con  l'art.  3  della
 Costituzione.
    Tanto  piu'  che tale forma di assicurazone e' intesa a fornire, a
 carico di organi o istituti  predisposti  o  integrati  dallo  Stato,
 mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di vecchiaia. Mezzi
 siffatti,  rapportati  alle  opportunita' di accumulo nel corso della
 vita  lavorativa  di   ciascun   lavoratore,   ben   possono   essere
 differenziati relativamente alla durata di detta vita, ma non possono
 esserlo  per  effetto di situazioni che dall'interno ne provochino la
 differente portata rispetto a quella di tutti gli altri lavoratori  e
 senza che vi siano contrapposti mezzi compensativi.
    L'art.  4,  primo  comma,  della  Costituzione riconosce a tutti i
 cittadini il diritto  al  lavoro  ed  alla  promozione  di  tutte  le
 condizioni che lo rendano effettivo. Un simile riconoscimento sarebbe
 gravemente limitato se, senza altra ragione distitiva, trovasse nella
 legge  dimensioni  maggiori  o  minori  di  durata  per  categorie di
 cittadini rispetto ad altre, specie  se  nell'ambito  di  una  stessa
 categoria, quale quella dei cittadini lavoratori subordinati iscritti
 all'assicurazione  obbligatoria  per l'invalidita', la vecchiaia ed i
 superstiti.
    La soluzione  della  questione  di  illegittimita'  costituzionale
 cosi' prospettata dev'essere rimessa alla Corte costituzionale.